PARTE SECONDA
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Capitolo 5
NELLA TERRA PERDUTA
Jake si tirò in piedi accanto a Kady inspirando profondamente. E gli bastò quell'unico respiro per rendersi conto che c'era qualcosa che non andava. Qualcosa di spaventosamente grave. L'aria era troppo densa, troppo umida per essere quella di Londra. E odorava di fango e di vegetali in putrefazione.
Si ficcò in tasca le due metà della moneta d'oro e cominciò a guardarsi in giro. Tutt'intorno a lui si estendeva un rigoglioso proliferare di felci grandi come ombrelloni. Alberi imponenti s'innalzavano da enormi grovigli di radici, simili alle ginocchia nodose di uomini giganteschi. E in alto, i rami intrecciavano un fitto baldacchino color smeraldo.
Jake scosse la testa, nel tentativo di scacciar via quella visione illusoria.
Che non se ne andò.
Forse lui e Kady erano stati colpiti e avevano perso i sensi? Li avevano avvelenati con un qualche gas? O magari li avevano rapiti e trascinati in quella specie di strana giungla?
Intorno a loro gli insetti intonavano un coro di ronzii.
« Che cos'hai fatto? » chiese Kady.
Lui le scoccò un'occhiata di fuoco. « Che cosa ho fatto io?
Di che diavolo stai parlando? Io non ho... » Del tutto sorda a quanto stava dicendo, lei lo interruppe bruscamente. « Che cosa è successo? Dove siamo? » Dalla paura che si riusciva a percepire nella sua voce, Jake capì che la sorella si stava sforzando tanto quanto lui per capirci qualcosa. Cercò di spingere lo sguardo verso l'alto. La luce filtrava dalle fessure che qua e là si aprivano nella fitta copertura di fogliame. Uno spiraglio più ampio degli altri permise di vedere il sole, al cui fianco c'era ancora la luna, come se fosse la sua ombra oscura. Non appena Jake vi fissò sopra lo sguardo, la luna scivolò via. Stava terminando un'eclissi. Ma era la stessa che aveva avuto inizio a Londra?
Doveva esserlo. Non ne era prevista un'altra per i sette anni seguenti.
Ma, se si trattava della stessa eclissi, allora non era passato neanche un minuto.
Era mai possibile?
Mentre stava osservando il cielo, qualcosa entrò attraverso l'apertura nel tetto di foglie. Qualcosa fornito di ampie ali piumate, ma che svanì prima di poterlo osservare bene.
Nonostante la calura, Jake ebbe l'impressione che il sangue gli si stesse ghiacciando nelle vene.
Sentì qualcosa strisciargli sulla guancia. Un coleottero era atterrato sulla fronda di una felce di fronte a lui. Era grosso quanto la sua mano aperta, e sul davanti era fornito di un paio di minacciosi uncini a tenaglia, che fece schioccare contro di lui; poi, con un veloce frullo d'ali, distese la corazza di un verde iridescente e spiccò il volo.
Esterrefatto, Jake si chinò e indietreggiò di un passo, traballando. Il piede gli affondò nella melma di un fiumiciattolo che scorreva attraverso la radura. Abbassò lo sguardo in tempo per vedere un animale sgattaiolare via dalla punta delle sue scarpe. Era piatto come un granchio, ma il suo corpo ovale era suddiviso in solchi, che formavano come delle sezioni di corazza.
Non può essere...
Jake s'inginocchiò sulla sponda del torrente, si scrollò via lo zaino, aprì una delle tasche e cominciò a frugare in cerca di un oggetto che vi aveva nascosto dentro.
« Che stai facendo? » gli chiese Kady, sempre più brusca.
Jake tirò fuori il fossile di trilobite che aveva trovato nella cava rocciosa dietro casa. Lo tenne sospeso sopra la creatura nel torrente. Combaciavano perfettamente... solo che quella nell'acqua non era di pietra. La creatura zampettò via e sparì sotto una roccia.
Jake si alzò. « È... è... » Doveva spingere le parole a viva forza fuori della bocca, per vincere la propria incredulità. « È un trilobite vivo! » Kady non era per niente impressionata. Accolse quel responso con un gesto sprezzante della mano, come se emanasse un cattivo odore. « Che cosa sta succedendo? » domandò ancora, questa volta con più energia nella voce. E ci aggiunse una pestata in terra col piede. Voleva una risposta. E la voleva subito.
E ne ebbe una.
Un fragoroso barrito.
Jake e Kady si lanciarono l'uno contro l'altra, atterriti. Un secondo verso giunse a scuotere le foglie tutt'intorno, spruzzandoli di gocce di rugiada. Alla loro sinistra, alberi e arboscelli cominciarono a spezzarsi e a cadere. La terra tremava. Qualcosa di enorme si stava muovendo a grandi passi verso di loro.
Jake strinse spasmodicamente la mano di Kady.
Prima che potessero fare un altro respiro, dal sottobosco sbucarono un ragazzo e una ragazza. I due stavano correndo dritti incontro a Jake e Kady. La ragazza, coi capelli scuri che le svolazzavano sulle spalle simili ad ali di corvo, trascinava il ragazzo, più alto di lei, che armeggiava faticosamente con una lunga lancia che continuava a impigliarsi in rami e cespugli. « Oh, ma buttala via! » gli strillò lei.
« La lancia di mio padre? Preferisco morire, piuttosto! » « È più probabile che sia tuo padre a ucciderti, se scopre che l'hai presa! » Un mugghio ancora più potente riecheggiò nella giungla.
La terra tremò.
I due ripresero a correre ancora più veloci. Solo quando si trovarono a un paio di metri di distanza, la ragazza si accorse finalmente della presenza di Jake e Kady. Dapprima cercò di evitarli, sorpresa, poi si lanciò verso di loro, veloce come un cervo. Indossava una larga camicia ricamata e una gonna lunga stretta in vita, con uno spacco che le arrivava a metà coscia. Gli occhi erano di un verde smeraldo che ben si accordava con la collana di giada che portava al collo. « Correte! » gridò loro.
II ragazzo lanciò un'occhiataccia a Jake, squadrandolo da capo a piedi mentre gli passava accanto. Dinoccolato e longilineo, era vestito con una toga bianca, piena di macchie d'erba, accompagnata da una cintura di pelle e da un paio di sandali legati al polpaccio con delle stringhe. Un altro pezzo di pelle intrecciata a cordoncino gli teneva legata all'indietro la massa ricciuta di capelli castani, sporchi di fango. Mentre correva, teneva la lancia alta sulla testa.
Congelato sul posto, Jake fissava con gli occhi sbarrati la strana coppia.
Kady gli diede uno strattone. « Fa' quello che dice! Corri! » Jake non perse tempo a discutere e lui e la sorella scapparono con gli altri due ragazzi.
Dietro di loro si udì uno schiocco dirompente, come il frastuono di un terremoto, accompagnato da uno strido rabbioso. Jake lanciò un'occhiata dietro le spalle: un grosso ramo di un albero gigantesco si era spezzato ed era crollato al suolo.
Una testa di proporzioni colossali si sporse in avanti, aprendosi un varco nella copertura di foglie. Era grossa come un frigorifero. Dalla pelle ricoperta di squame si levava una sorta di vapore, mentre gli occhi neri da squalo scrutavano in ogni direzione e dal muso, insieme coi ruggiti, uscivano lunghi schizzi di bava. I denti affilatissimi, come file di pugnali giallastri, digrignavano l'uno contro l'altro strappando via i rami più piccoli.
Jake riconobbe quella bestia.
Si trattava di un carnivoro, che era in cima alla catena alimentare.
Milioni di anni fa.
Impossibile...
« Un tirannosauro! » gridò Jake, boccheggiando. Guardando dietro di sé, inciampò in una radice e finì a terra su un ginocchio.
Kady gli urlò di tirarsi in piedi.
Dietro di loro, la creatura scosse il grosso testone, e si fece strada in mezzo a due alberi giganteschi con la stessa forza di un bulldozer. Altri rami vennero divelti. Jake era quasi riuscito a liberarsi.
« Presto! » gridò la strana ragazza.
Come riusciva a capire quello che gli diceva? Che fosse tutto un sogno?
Davanti a loro, la radura lasciava il posto a un picco rivestito dalla giungla, che bloccava il passaggio. Non sarebbero mai stati in grado di arrampicarsi abbastanza velocemente da sfuggire al tirannosauro.
La ragazza sembrò leggere nei loro pensieri. « Non ce la faremo mai! Ci dobbiamo nascondere! Da questa parte! » Cambiò improvvisamente direzione, puntando a sinistra, dove, ai piedi di una roccia, c'era un rifugio formato da enormi massi che erano crollati dalla montagna.
Gli altri la seguirono.
Dietro di loro, sempre più vicino, si udì un altro grido, seguito da un rumore di rami spezzati. Jake arrischiò ancora un'occhiata... ma forse sarebbe stato meglio se non l'avesse fatto.
Il tirannosauro si era fermato nel mezzo della radura.
Fremeva in ogni singolo muscolo del corpo. La sua grossa coda si abbatteva come un'ascia sugli arbusti, decapitando le felci giganti. La bestia beccheggiava con la testa da una parte e dall'altra, come un uccello in cerca della preda.
Nonostante il terrore, Jake si ricordò di un articolo che aveva letto, nel quale si spiegava che gli uccelli sono gli odierni discendenti dei dinosauri. Il tirannosauro, però, era qualcosa di ben diverso da una gallinella chiocciante. Il bestione era alto più di cinque metri.
E quegli occhiacci neri riuscirono a scovare Jake. La belva si bloccò, con la testa ancora piegata da un lato, lo sguardo fisso sulla sua preda in fuga.
« Più veloce! » strillò Jake.
Il tirannosauro si lanciò al loro inseguimento. Avanzava a grandi balzi, sette tonnellate di muscoli che facevano scuotere la terra, guadagnando sempre più velocità.
La prima a raggiungere il mucchio di massi fu la ragazza.
Si mise a cercare un'apertura, un passaggio attraverso il quale potersi intrufolare all'interno e mettersi in salvo. Jake e Kady arrivarono subito dopo, insieme con l'altro ragazzo.
« Quaggiù! » La ragazza si mise in ginocchio, e avanzò carponi attraverso una fessura che si apriva tra due massi. « Dopo il passaggio si allarga! » urlò ancora, sollevata.
Jake diede una gomitata a Kady. « Su, coraggio. » Fece entrare per prima la sorella, ma lui si tenne appiccicato ai suoi talloni.
Per ultimo, li seguì il ragazzo vestito con la toga che procedette camminando all'indietro e mantenendo la sua lancia sempre puntata verso l'apertura.
Jake scoprì che la ragazza aveva ragione. Dietro il masso si apriva una piccola caverna formata da lastre di roccia spezzata. Anche se era un buco strettissimo, riusciva a contenerli tutti e quattro.
Proprio nel momento in cui Jake stava per mettersi seduto, il loro riparo di fortuna venne scosso da un tremito. Il tirannosauro aveva colpito il mucchio di roccia. Dall'alto scese uno spolverio di sabbia, accompagnato da una manciata di schegge. Jake alzò lo sguardo. Nella mente si figurò l'ammasso di pietre che avevano sulla testa e si rannicchiò.
Su di loro si riversò una zaffata di fiato. Puzzava di uova marce. Il tirannosauro stava annusando, in cerca della sua preda. Jake si chinò per sbirciare fuori del tunnel.
« Sta' indietro », l'ammonì Kady.
Tutto quello che Jake riuscì a vedere fu un paio di zampe grosse come tronchi. I mastodontici artigli si contraevano, affondando nel terreno. Una zampa scalciò all'indietro, spazzando via un grosso grumo di fango e sassi, e lasciando un buco profondo nel sottobosco.
Jake era steso spalla contro spalla accanto all'altro ragazzo. Il suo compagno di disavventura continuava a mantenere la presa sulla lancia, ma l'arma non era abbastanza lunga per raggiungere la fine del tunnel. Il loro sguardo s'incontrò. Si studiarono a vicenda. Sembravano avere più o meno la stessa età.
« Io mi chiamo Jake », si presentò, senza sapere se l'altro sarebbe stato in grado di capirlo. Non sapeva che altro dire.
Che cosa prescrive il galateo, quando ci si trova nascosti in un buco insieme con un estraneo, mentre fuori c'è un tirannosauro intenzionato a sbranarvi?
« Io sono Pindoro. Pindoro Tiberio, secondogenito di Marcello Tiberio il Vecchio. » Jake distinse una sfumatura di vergogna nella sua voce.
Pindoro indicò dietro di sé. « E lei è Mari. » « Marika », lo corresse la ragazza.
« Chi se ne frega di come vi chiamate! Che diavolo sta succedendo, qui? » esplose Kady. La rabbia e l'esasperazione la fecero muovere troppo velocemente, al punto che andò a sbattere con la testa contro il soffitto roccioso della caverna. « Ahi! » Prima che qualcuno potesse risponderle, il tirannosauro ricominciò a tirare calci e unghiate. Strappò via altre zolle aprendo nuove voragini, come una gallina che raspa in terra in cerca di vermi, solo che in quel caso i vermi erano loro quattro. Poi sferrò un gran colpo all'ingresso del tunnel.
Se il bestione non avesse smesso, avrebbe finito per far crollare l'intera grotta sulla loro testa. Jake si lanciò un'occhiata intorno. Non c'erano altre uscite. Erano in trappola.
Scrutò ancora fuori. Perché il tirannosauro era così determinato? Dovevano ben esserci delle prede più accessibili di loro.
La spiegazione venne da Marika. « Non avresti dovuto cercare di rubarle l'uovo! » Pindoro si voltò verso di lei. « Ce l'avrei fatta, se tu non avessi pestato quella conchiglia rotta, facendo tutto quel baccano. » Jake sospirò. Quindi il tirannosauro era una femmina, una madre che stava proteggendo il suo nido. Non c'è di che stupirsi, allora...
All'improvviso la bestia riprese a colpire la superficie della roccia, facendo tremare il rifugio. Da qualche parte, sopra di loro, crollò un masso. Tutti quanti trattennero il respiro... ma la caverna resistette all'urto.
Per quanto tempo ancora, però?
Da dietro, Kady punzecchiò Pindoro dietro la gamba. « Tu hai una lancia. Va' là fuori e caccialo via. » Il viso del ragazzo sbiancò. Si tirò da parte e borbottò: « Non servirebbe a niente ».
« Ha ragione. Una lancia non è sufficiente. Non contro una creatura del genere », intervenne Marika.
E ciononostante Jake notò come le dita di Pindoro si stringessero intorno all'arma... forse per fermare il tremito delle mani.
« Non ci resta che sperare che se ne vada via da sola », disse ancora Marika, non troppo convinta.
Kady si voltò, come se dando la schiena al problema questo si sarebbe dissolto. Era quello il modo in cui lei affrontava qualsiasi cosa andasse oltre la sua capacità di controllo. Negandone l'esistenza. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Jake ripensò alle parole terribili che gli aveva rivolto al museo. Su suo padre e sua madre. A quanto pareva, per lei la cosa più facile era chiudere il dolore in una bottiglia e metterlo via, negarlo, voltare le spalle a tutto quanto.
Lui si rifiutava di comportarsi così.
Che cosa avrebbero fatto i suoi genitori in questa situazione?
Per un lungo momento lottò con se stesso in cerca di una risposta, per giungere infine a un'unica conclusione certa.
Non ne aveva la benché minima idea.
Il tirannosauro colpì ancora una volta la roccia con una spallata. Fuori, un altro masso crollò con grande fragore, rimbalzando al suolo. Sorpreso, il dinosauro grugnì, poi tornò a rivolgere l'attenzione alla sua preda sepolta.
E ricominciò a scavare con gli unghioni.
Jake si allontanò dall'apertura e andò a sbattere contro Kady, che lo tirò vicino a sé. « Tutto questo dev'essere un sogno, vero? » Si era domandato la stessa cosa anche lui. Ma, dalla paura che leggeva negli occhi di sua sorella, era chiaro che lei era la prima a non crederci. E non ci credeva nemmeno Jake. Era tutto vero.
« Che cosa facciamo? » gli domandò ancora.
Con gli occhi che si erano ormai abituati all'oscurità, Jake distinse un movimento vicino alla spalla di Kady. Dalla tasca della giacca stavano penzolando le cuffiette del suo iPod.
Rimase lì per un secondo, mezzo ipnotizzato, a osservare gli auricolari che ondeggiavano davanti ai suoi occhi. Ed ecco che, nel panico, cominciò a farsi strada un'idea.
Qualcosa...
Non aveva letto che...
Le tonalità molto alte...
« Watson! » gridò all'improvviso.
Kady balzò via per lo spavento e ancora una volta sbatté la testa contro il soffitto. « Ahi! Jake, idiota che non sei altro... » Lui si girò verso il suo nuovo zaino in goretex e cominciò ad armeggiare per aprirlo. Vi rovistò all'interno. Quand'era ancora all'hotel, non aveva fatto altro che buttarci dentro alla rinfusa tutta la roba contenuta in quello vecchio. Avrebbe dovuto impiegare qualche minuto in più per organizzare meglio il tutto.
Il tirannosauro continuava a ruggire.
Finalmente, avanzando alla cieca, le dita di Jake trovarono quello che stava cercando. Lo tirò fuori e corse all'ingresso.
« Che cos'hai in mente? Hai un'arma? » gli chiese Pindoro.
Jake sollevò il fischietto per cani. « Spero di sì. » Il mondo fuori della grotta era occupato completamente dal tirannosauro. Un artiglio si sollevò per colpire nuovamente il mucchio di massi.
Jake trasse un respiro profondo e si portò il fischietto alle labbra. Con tutta la forza che riuscì a raccogliere, soffiò più forte che poté. Non uscì nessun suono, ma lui conosceva bene l'effetto che quel fischio aveva sul suo segugio, a casa.
Watson riusciva a udirlo da più di un chilometro di distanza.
Non appena ebbe soffiato, il tirannosauro abbassò l'artiglio rampante e indietreggiò di un passo, poi di un altro, e infine scosse la testa, evidentemente infastidito.
Esaurito tutto il fiato, Jake fu costretto a fermarsi per incamerare nuova aria.
Il tirannosauro abbassò il muso e lanciò un mugghio.
I capelli di Jake si sollevarono dalla fronte per lo spostamento d'aria. Il fiato del tirannosauro puzzava peggio di un armadietto da palestra.
« Ma che cosa fai? Così lo fai arrabbiare ancora di più! » esclamò Kady, cercando di tirare indietro il fratello.
Jake si liberò di lei con uno strattone. « È proprio questo il punto! » Voltandosi verso l'imbocco della grotta, soffiò ancora nel fischietto.
II tirannosauro scrollò la testa e cominciò a barcollare sulle zampe.
« Che succede? » chiese Kady.
Jake spiegò: « Il cranio del tirannosauro, almeno da quanto si vede dai fossili, aveva delle cavità timpaniche gigantesche ».
Kady gli diede un'occhiataccia. « Ehi, Einstein, parla come noi comuni mortali, se non ti spiace. » « Avevano le orecchie grosse! E perciò al loro udito i toni acuti risultano amplificati. Un fischietto per cani dev'essere una vera tortura, per loro », sbottò Jake, esasperato. Poi soffiò ancora con tutta la forza che riuscì a mettere insieme. Gli sembrava che la testa stesse per esplodergli.
Finalmente, facendo una lenta svirgolata con la grossa coda, il gigantesco carnivoro si voltò. Lanciandosi un ultimo ruggito dietro le spalle, si allontanò a passi pesanti, per poi sparire, nuovamente inghiottito dalla giungla.
I quattro aspettarono ancora un po', per sicurezza.
Alla fine, Marika disse: « Credo che ormai starà tornando nella sua tana ».
In caso la ragazza si stesse sbagliando, Jake continuò a tenere il fischietto stretto in mano.
« Sarà sicuro uscire di qui? » chiese Kady, rivolgendosi a Marika.
La ragazza si strinse nelle spalle, mentre il suo sguardo non si staccava dalla mano di Jake. « Un flauto silenzioso che riesce a spaventare e a scacciar via le lucertole tonanti. Voi possedete magie assai potenti. » Ora che il pericolo immediato si era esaurito, la mente di Jake venne di nuovo invasa dalle domande, che si presentarono tutte insieme alla rinfusa. Che posto era mai quello? E com'era possibile che gli esseri umani e i dinosauri ci vivessero insieme? E come avevano fatto ad arrivare sin lì lui e Kady?
Prima che fosse riuscito a concentrarsi su un'unica domanda, in modo da poterla formulare ad alta voce, Marika disse: « Adesso dovremmo andarcene. Il rumore potrebbe aver attirato altre creature ».
Pindoro si spinse in avanti con la sua lancia. « Lasciate andare avanti me per primo, nel caso in cui ci siano in giro altre belve », propose con aria abbattuta. Ma gli occhi lo tradirono. Era come se non volesse incrociare lo sguardo di Jake. Dopo la dimostrazione cui aveva appena assistito, era evidente che Pindoro volesse mantenere le distanze dagli stranieri. L'espressione preoccupata del suo viso indicava tutta la sua diffidenza.
Ma Marika non era altrettanto sospettosa. Dopo che furono usciti dalla grotta, lo sguardo della ragazza rimase inchiodato su Jake per un istante. La luce del sole che le risplendeva negli occhi color smeraldo rivelava un misto di curiosità e divertimento. Lei indicò il picco che si ergeva lì vicino. « C'è un sentiero che sale da quella parte. Dobbiamo arrivare al di là del Portale Spezzato. Là saremo al sicuro. » Al sicuro? Jake lanciò un'occhiata alla giungla scura che aveva riattaccato col suo coro di stridi e ronzii. Proprio come aveva sospettato, in quel nuovo mondo non ci si poteva dire veramente al sicuro da nessuna parte. L'urlo di un sauro uscì riecheggiando dal cuore della giungla.
Ricordandosi all'improvviso dell'oscurità attraverso la quale erano giunti sin lì, Jake si sentì percorrere da un brivido. E ripensò anche alle parole gracchianti che erano emerse dal buio che si stendeva fra il loro mondo e quello.
Vieni da me...